Da settembre 2008, l’Associazione Thomas International offre a Palermo un Programma triennale di Studi Filosofici sulla falsariga di quello che il McInerny Center for Thomistic Studies ha ideato e iniziato con successo a Washington D.C. nel 2006.

Il Programma si articola in sei corsi semestrali di sei o sette lezioni l’uno, e si rivolge prevalentemente agli Associati della Thomas, agli studenti dell’Ateneo palermitano e a giovani professionisti che sentano il bisogno di una formazione filosofica di base che li aiuti ad affrontare i problemi del loro settore disciplinare e del loro ambiente lavorativo.

La partecipazione non richiede preparazione filosofica previa né tempi di studio esterni alle lezioni. Sarà cura dei docenti, tuttavia, indicare brevi letture e riferimenti bibliografici per chi volesse approfondire i temi di volta in volta toccati.

Le lezioni si svolgeranno la sera, dopo cena, in abitazioni private per consentire il formarsi tra i partecipanti di un clima di amicizia e di discussione piacevole. Il numero delle iscrizioni sarà pertanto limitato.


Primo corso: Introduzione alla filosofia


Letture consigliate

-- Aristotle, Metafisica, libro I
-- F. Di Blasi, “The Concept of Truth and the Object of Human Knowledge”, disponibile tra i “Readings” del sito di Thomas International. Alternativamente, F. Di Blasi, Dio e la legge naturale, ETS, Pisa, 1999, pp. 106-116
-- F. Di Blasi, Conoscenza pratica, teoria dell’azione e bene politico, Rubbettino, Soveria Mannelli, 2006, cap. IV “Spirito o io digitale? Il concetto di persona tra filosofia e scienza contemporanea”
-- E. Gilson, Dio e la filosofia, Massimo, Milano, 1984
-- Giovanni Paolo II, Lettera enciclica Fides et Ratio
-- Giovanni Paolo II, Lettera enciclica Veritatis Splendor
-- J. Maritain, Introduzione generale alla filosofia, Massimo, Milano, 1988
-- R. McInerny, A History of Western Philosophy, Jacques Maritain Center’s website: www2.nd.edu/Departments//Maritain/
-- Platone, Apologia di Socrate
-- Platone, Fedone
-- G. Reale, Storia della filosofia antica, volumi I e II
-- R. Spaemann, Concetti morali fondamentali, Piemme, Casale Monferrato, 1993


Secondo corso: Cenni di storia della filosofia


Calendario:

- 3 aprile 2009: La filosofia medievale

- 24 aprile 2009: Sant'Agostino

- 8 maggio 2009: La scolastica

- 29 maggio 2009: Tommaso d'Aquino

- 12 giugno 2009: La filosofia moderna

- 26 giugno 2009: La filosofia contemporanea

Sunday, November 9, 2008

Introduzione alla filosofia: appunti sulla quarta lezione

Platone:
filosofia come esercitarsi a morire;
l’anima umana; il significato della vita


Docente: Fulvio Di Blasi

Riassunto delle lezioni precedenti

Cenno ai princìpi del cambiamento/divenire discussi nelle prime lezioni e al passaggio dal primo periodo naturalista della filosofia greca alla filosofia morale con Socrate e i sofisti. Ricapitolazione sui princìpi della conoscenza sensibile e intellettuale e sulla teoria delle idee di Platone.

Anima: termine ambiguo

Cartesio ha scritto che Dio e l’anima sono i due argomenti più importanti che la filosofia deve affrontare; ed è indubbiamente vero che essi caratterizzano, muovono e dominano l’intera storia della filosofia. “Anima”, tuttavia, è un termine ambiguo. Che cosa significa? “Intelletto”? “Persona”? “Essere umano”? “Natura umana”? “Io”? “Soggetto”? O qualcosa di ancora diverso da tutti questi altri concetti? Nella filosofia antica, il discorso sull’anima si sovrappone ad altri concetti e argomenti – soprattutto quelli di “io” e di “persona” – di cui parleremo meglio più avanti nel nostro programma.

La famosa prova di Aristotele della spiritualità dell’intelletto non si riferisce a quel che oggi chiameremmo “persona”. Platone, come tutti i filosofi greci, non possedeva il concetto di persona. Tuttavia, le sue prove della spiritualità e immortalità dell’anima si riferiscono chiaramente ad una soggettività che appartiene di certo anche al nostro concetto di persona. Tommaso d’Aquino offre una prova della spiritualità dell’anima che segue le linee della prova aristotelica, ma, diversamente da Aristotele, egli distingue esplicitamente l’anima dalla persona, dall’io, dall’intelletto e dalla natura. Quando ci si accosta al concetto di anima nella filosofia antica, bisogna tenere a mente che esso, nei primi tempi della riflessione filosofica, abbraccia più significati di quelli che oggi gli ascriveremmo.

Filosofia come esercitarsi a morire

All’ inizio del Fedone, Platone spiega che «tutti quelli che si occupano di filosofia […] di nient’altro si prendono cura se non di morire e di essere morti» (64a4-6), ovvero «che coloro che praticano rettamente la filosofia si esercitano a morire, e che per loro la morte meno che per tutti gli altri è causa di timore» (67e4-6). Questo non è un invito a suicidarsi, che per Platone è un atto intrinsecamente cattivo. Piuttosto, è il vertice di una profonda concezione religiosa ed etica della vita che ha molte somiglianze con la tradizione cristiana. Per Platone, l’anima umana è fatta per una verità e per un bene che non appartengono alla vita presente, la quale deve essere vista al tempo stesso come una punizione per una qualche colpa passata e come una preparazione alla perfezione della vita futura. La vita presente deve essere vissuta in termini di “purificazione” per mezzo della misura e del distacco dai bisogni del corpo. Se la morte è “separazione dell’anima dal corpo”, la vita del sapiente, che cerca la verità e il bene, è già un morire e un esercitarsi alla completa separazione della morte, e quindi alla vita futura. Il pensiero di Platone implica un forte dualismo tra l’anima e il corpo (che è cattivo) che si differenzia in ciò dal pensiero cristiano.

È per difendere la sua concezione della vita che Platone, nella parte principale del dialogo, cerca di dimostrare «che l’anima esiste dopo che l’uomo è morto e che conserva una sua capacità e intendimento» (70b3-4).

L’idea di Platone della filosofia come “esercizio per la morte” è un particolare esempio dell’approccio antico alla filosofia come ricerca attiva e genuina della sapienza. I filosofi antichi cercavano autenticamente di comprendere il senso ultimo dell’esistenza per poter conformare ad esso le loro vite. La filosofia era intesa come la ricerca di ciò che realizza gli esseri umani, di ciò che rende la vita degna di essere vissuta, ovvero, di ciò che rende la vita “felice”. La filosofia, pertanto, non era solo un’impresa teoretica, ma anche morale: cioè, un’impresa che doveva risultare nel vivere una vita saggia e felice.

Felicità e fine ultimo

Diversamente da Platone, Aristotele, nella sua etica, cerca di offrire una spiegazione della realizzazione dell’uomo, o felicità, che includa anche cose e piaceri appartenenti alla vita corporea: cioè, alla vita che viviamo su questa terra. Con Aristotele, la filosofia ricerca una sapienza capace di armonizzare le dimensioni più alte e più basse dell’esistenza umana. Benché vi sia un grosso dibattito sul concetto aristotelico di felicità, non vi è dubbio che egli non condivida la concezione dualistica di Platone.

In epoca medievale, la filosofia diventa ancilla theologiae (serva della teologia) perché i medievali accettavano comunemente che la verità ultima della vita umana viene dalla rivelazione cristiana. C’è una realizzazione (una felicità naturale, nel senso aristotelico) cui l’uomo deve tendere nella vita presente; ma la realizzazione ultima (o felicità soprannaturale, beatitudine) verrà in una vita futura in cui anima e corpo saranno riuniti nella persona umana. La filosofia può portare la ragione fino alla soglia del mistero della vita; ma poi è la fede che deve venire a dare la risposta finale.

Letture consigliate per la quarta lezione:

- Platone, Fedone
- Giovanni Paolo II, Lettera enciclica Fides et Ratio
- Aristotele, De Anima, libri II e III
- Aristotele, Etica nicomachea, libri I e X

Monday, October 27, 2008

Introduzione alla filosofia: appunti sulla terza lezione

Platone:
la teoria delle idee; la seconda navigazione;
la conoscenza come ricordo; mito, fede e ragione


Docente: Fulvio Di Blasi

Riassunto delle lezioni precedenti

Cenno alla continuità tra la ricerca del principio primo dei cambiamenti fisici da parte dei naturalisti e la scoperta del soggetto come principio primo dei cambiamenti (atti) morali da parte di Socrate. L’uomo come anima in Socrate e il principio dell’agire secondo verità. L’interiorità come sede della verità e della dignità morale: dominio di sé, libertà interiore e autonomia. Cenni al concetto di persona e alla differenza tra persona e natura.

Fascino di Platone

Apertura al trascendente (aspetto sottovalutato da Aristotele): idee universali come cause delle realtà particolari; l’immutabile come causa del mutevole; il trascendente come causa del contingente. La causa universale della specie deve precedere l’esistenza dei particolari di quella specie. Religiosità e trascendenza: mito, fede e ragione. Filosofia e ascesi. Platone profeta? Platone e Aristotele: non così differenti.

L’obiettivo di oggi

Naturalmente, questo corso non è la sede adeguata per un’indagine storiografica o sistematica su Platone e il suo pensiero. L’obiettivo molto più modesto che mi propongo, nel breve tempo che abbiamo a disposizione, è di rendere comprensibili e, se non accettabili, quantomeno “ragionevoli” due aspetti cruciali della filosofia di Platone che, in genere, negli studi di scuola superiore, lo fanno sembrare più un romanziere fiction che un pensatore le cui affermazioni si dovrebbero sempre giustificare in base a presupposti e ragionamenti razionali. I due aspetti che ho in mente sono: la teoria del mondo delle idee e il concetto di Bene come idea suprema. Comincerò dal secondo.

La ricerca del primo principio e l’idea del Bene in Platone

Critica socratica ai naturalisti: non riuscivano davvero a mettere a fuoco sulla vera causa prima delle cose. Apprezzamento di Anassagora, che per primo pose l’Intelletto a principio di tutto (cfr., Aristotele, Metafisica, I). Seconda navigazione: dalle cause materiali alle idee. Impennata di Platone, al tempo stesso, verso l’intelligibile e verso il trascendente. L’idea di albero deve venire prima dei tanti alberi e, in qualche modo, trascenderli. Che significa dire che l’intelletto è la prima causa di tutto? Significa che il vero perché delle cose è quello che si cela nell’ordine di esse. Il perché della Ferrari non sta nei singoli pezzi che la compongono ma nell’intelletto dell’uomo che l’ha costruita (… per un “fine” che coincide con il motivo per cui la Ferrari è un “bene”). Il “bene” di ogni singolo pezzo della Ferrari è il “senso” (il perché) che esso ha come parte del tutto della macchina. Il “Bene” è il primo principio del tutto della natura, che si presenta intelligibile e armonico quanto e più della Ferrari. La natura è “intelligibile”. Il primo principio della natura dev’essere dunque l’Intelletto e, al contempo, il “Bene” che presiede all’ordine di essa in tutte le sue parti. Se si pensa che l’intelligibilità della natura è il presupposto di qualunque conoscenza umana, esperienziale o scientifica che sia, allora si coglie il fondamento razionale delle affermazioni platoniche sull’idea del Bene.

La teoria delle idee come risposta al problema della conoscenza

Cenni sulla conoscenza: (a) incontro tra due enti di cui uno è capace di “possedere” l’altro; (b) conoscenza come possesso di una forma; (c) la conoscenza avviene sempre secondo il modo di essere del conoscente; (d) la conoscenza richiede la simultaneità dell’atto del conoscibile in quanto conoscibile e dell’atto del conoscente in quanto conoscente. Conoscenza sensibile (sensi esterni): il conoscibile in atto si può dare nella realtà materiale che cade sotto i sensi (es. l’oggetto illuminato). Problema della conoscenza intellettuale (condiviso da Aristotele): l’oggetto dell’intelletto è universale ma nella realtà materiale che cade sotto i sensi non esistono universali in atto. Come può dunque esserci la conoscenza intellettuale se l’oggetto da conoscere non si manifesta in atto al conoscente? Ma la conoscenza intellettuale si dà… Da qualche parte deve dunque poter avvenire l’incontro tra l’intelletto nell’atto di conoscere e l’universale come conoscibile in atto.

È per questo che Platone ipotizza: (a) l’esistenza di un mondo fatto di realtà intelligibili (universali in atto) in cui l’intelletto è in grado di conoscere i suoi oggetti; (b) una vita previa dell’intelletto (senza corpo) nel mondo degli intelligibili in atto, cioè, degli universali; (c) una successiva dimenticanza collegata all’esistenza corporea dell’essere umano; (d) un processo conoscitivo in questa vita legato al progressivo ricordarsi, tramite l’incontro sensoriale con i particolari, degli universali conosciuti nella vita precedente (teoria della reminiscenza). Al di là del carattere più o meno fantasioso di questi tratti teorici, l’abilità di Platone di cogliere il problema della conoscenza intellettuale e di cercare di offrirne una risposta concettualmente coerente è formidabile.

Letture consigliate per la terza lezione:

- Platone, Fedone
- F. Di Blasi, “The Concept of Truth and the Object of Human Knowledge”, disponibile tra i “Readings” del sito di Thomas International. Alternativamente, F. Di Blasi, Dio e la legge naturale, ETS, Pisa, 1999, pp. 106-116 (per una copia scontata di questo libro, rivolgersi allo staff dell'Associazione Thomas International)

Saturday, October 11, 2008

Introduzione alla filosofia: appunti sulla seconda lezione

Socrate e i sofisti. L’inizio della filosofia morale

Docente: Fulvio Di Blasi

Riassunto della lezione precedente

con particolare accento sui presupposti logici del divenire e sul senso della ricerca della causa prima da parte dei primi filosofi (naturalisti). Causa prima come principio di unità del cosmo: ciò che non cambia dietro il cambiamento, e che rende il cambiamento possibile. Cenno alla distinzione aristotelica tra cambiamenti sostanziali e cambiamenti accidentali. Natura come principio di unità dei cambiamenti accidentali: cioè, come sostanza, sostrato dei cambiamenti accidentali. Materia come principio primo dell’esistenza del mondo fisico: la forma in quanto tale non può subire cambiamenti sostanziali (l’1 non può diventare 2, gli enti matematici e ideali sono immutabili).

Nascita della filosofia morale

Se la filosofia naturalista si stupiva del divenire del mondo fisico, cercandone le cause e i princìpi primi, la filosofia morale si stupisce del divenire dei comportamenti e delle azioni umane (libere), e ne trova il principio e la causa prima nell’uomo come soggetto libero. Socrate come padre della filosofia morale. Polemiche coi sofisti.

L’uomo è la sua anima

Il mondo fisico è il regno della necessità. Nessun essere può sfuggire ai princìpi necessitanti che ne regolano i cambiamenti fisici: la pietra non può sfuggire all’attrazione della gravità verso il basso, come gli animali non possono sfuggire alla direzione dei loro istinti e all’azione, rispettivamente attrattiva e repulsiva, del piacere e del dolore. Gli enti fisici sono schiavi della natura, ciechi esecutori dei suoi ordini, incapaci di alzare la testa e di emergere al di sopra del flusso necessitante del divenire. Non l’uomo, però, che pur se soggetto a quel flusso in virtù della sua animalità (piacere del mangiare, attrazione per l’altro sesso, ecc.), ne è estraneo e immune in virtù del suo io più vero e autentico: quell’io che è causa delle sue scelte e azioni propriamente umane, cioè libere. Per ciò, se il corpo è parte inevitabile della necessità del mondo fisico, Socrate dirà che l’uomo è la sua anima, perché capirà che la verità più profonda dell’essere umano non risiede nella necessità ma nella libertà. L’anima è qui un concetto limite che indica la non appartenenza al regno della necessità fisica. La definizione socratica è un’intuizione della spiritualità dell’uomo.

Agire secondo verità

Questa è la massima più importante dell’etica socratica. Perché? La conoscenza può essere sensibile o intellettuale. Quella sensibile (l’occhio che vede il colore, l’orecchio che sente il rumore, l’immaginazione che vede la figura di qualcosa…) è schiava della fisicità del suo oggetto: non ne può sfuggire e non può giudicarla. La conoscenza intellettuale dice invece liberamente che cosa “sono” le cose che conosce. Conoscere secondo verità significa conoscere secondo l’essere piuttosto che secondo la sensibilità. Il giudizio “Questo è un cane (o un orso, ecc.)” racchiude l’enorme salto ontologico dall’essere schiavo della fisicità all’essere che se ne distingue ed è in grado di osservarla e giudicarla dall’esterno. L’animalità risponde necessariamente all’istinto (non può non avere fame se si ha fame), l’anima umana risponde invece con libertà al giudizio sull’essere (questo cibo è cattivo, quindi, anche se avverto la fame, non lo mangerò). Quando l’uomo è veramente se stesso (non mero oggetto fisico tra gli altri) egli è colui che agisce secondo verità. Quest’affermazione socratica è l’altra faccia dell’intuizione sull’anima.

Dominio di sé, libertà interiore e autonomia

Dalle intuizioni chiave sull’anima e la verità, discendono alcune caratteristiche importanti dell’etica socratica. 1) Anzitutto, il fatto che il soggetto etico dev’essere in grado di dominare le sue passioni e i suoi stati di piacere e di dolore per fare quello che il suo giudizio veritativo della situazione richiede. A volte, passioni, piacere e dolore porteranno nella stessa direzione del giudizio veritativo (come quando si ha molta fame e voglia di mangiare quando è il momento di mangiare); altre volte no, è in quel caso sarà più intenso l’attrito tra ciò che piace fare e ciò che è bene fare. L’uomo buono è colui che rimane sempre padrone di se stesso, 2) e che in ciò, in questa esperienza interiore di libertà dalla sua animalità, trova la sua più autentica realizzazione. 3) L’uomo buono è per ciò anche autonomo, perché la sua felicità non dipende dai bisogni e beni esteriori ma dalle sue stesse scelte morali.

Persona

Nella filosofia antica non si parla di persona. Il concetto di persona è il portato di una lunga riflessione filosofica del pensiero cristiano, stimolato in questa direzione dal bisogno di comprendere la coerenza di alcune verità della fede: specificamente, la Trinità e l’Incarnazione. Persona, però, è il sostrato degli atti liberi: la sostanza, il soggetto, che possiede la propria natura e agisce liberamene con essa e su di essa. In questo senso, il concetto di persona è già presente nell’intuizione socratica che porta alla nascita della riflessione morale. La filosofia morale nasce, in qualche modo, con le prime intuizioni sul concetto di persona.

Letture consigliate per la seconda lezione:

- G. Reale, Storia della filosofia antica, volume I, pp. 201-381
- F. Di Blasi, Conoscenza pratica, teoria dell’azione e bene politico, pp. 96-110, 184-6, 235-7 (per una copia scontata di questo libro, rivolgersi a Nicoletta)

Monday, September 29, 2008

Introduzione alla Filosofia: appunti sulla prima lezione

La nascita della Filosofia.
Il naturalismo e gli eleatici. Fine e scopo degli studi filosofici


Docente: Fulvio Di Blasi

Che cos’è la filosofia? Come si studia la filosofia? Che cosa si fa esattamente quando si studia filosofia? Perché “studiare filosofia” è diverso da studiare qualsiasi altra cosa? E perché dovremmo studiare filosofia se le nostre aree principali di interesse sono la chimica, la biologia, l’architettura, la letteratura, la medicina, il diritto, ecc.? Questa prima lezione si concentra sul primissimo periodo della storia della filosofia – il periodo del naturalismo e degli Eleati – per introdurre gli studenti al concetto di filosofia e ad alcuni dei suoi temi storici più importanti.

Nascita della filosofia

La filosofia è nata in una colonia greca (sulle coste di quella che è oggi la Turchia) nel VI secolo avanti Cristo. Pare che il primo filosofo della storia fu Talete di Mileto poiché, nelle sue riflessioni sull’origine o causa di tutte le cose, il logos della filosofia emerse, distaccandosene, dal mito della poesia antica. Il termine “filosofia” significa “amore della sapienza”. Secondo Aristotele, la “meraviglia” è il punto di partenza sia della filosofia che della poesia perché meravigliarsi (o contemplare) è l’atteggiamento di coloro che avvertono l’esistenza di un senso più profondo della realtà, e cercano di esprimere questo senso vuoi attraverso l’arte vuoi attraverso il logos.

Ordine e divenire

In un certo senso, “ordine” e “divenire” sono le prime intuizioni veramente importanti del pensiero filosofico. Queste due intuizioni fondano la ricerca della causa prima (ovvero, del primo principio intelligibile e ordinatore) del mondo (fisico), e spiegano le caratteristiche ad essa attribuite dai primi filosofi greci: il sostrato immutabile di ogni cambiamento (Talete); la causa efficiente dei cambiamenti (Anassimene); principio indeterminato (Anassimandro); principio intelligibile dell’ordine che è intrinseco alla realtà materiale (Pitagora). La causa prima è sempre l’essere più profondo e reale della realtà in divenire. “Divenire”, tuttavia, significa “cessare di essere qualcosa” (il bambino diviene un uomo cessando di essere un bambino), e, ad Eraclito, la sola realtà appare essere lo stesso divenire.

[Approfondisci questo argomento leggendo F. Di Blasi, Conoscenza pratica, teoria dell’azione e bene politico, Rubbettino, Soveria Mannelli, 2006, pp. 97-99. O, alternativamente, il testo quasi uguale disponibile in inglese online al: http://www.thomasinternational.org/ralphmc/philostudies/diblasi_naturalisticperiod.htm]

L’opposizione tra essere e divenire

Alla sua nascita, la filosofia è “filosofia della natura”, e il problema principale che essa si pone è la possibile contraddizione tra i concetti di “essere” e di “divenire”.
Per salvare l’essere della realtà, Parmenide si porta all’estremo opposto di Eraclito dicendo che solo l’essere esiste e che il divenire non è che un’apparenza. Per difendere il punto di vista di Parmenide, il suo discepolo Zenone elabora i famosi paradossi sull’impossibilità del movimento. Il problema del divenire, come emerge dalla disputa tra Parmenide ed Eraclito, è il primo importante dilemma della storia della filosofia. La prima soluzione accettabile venne dalla spiegazione di Aristotele del cambiamento, e dalla distinzione aristotelica di differenti predicazioni analogiche di “essere” e “non essere”.

La soluzione pluralista

Un alto modo di risolvere il problema del divenire venne dalla scuola pluralista, che propose una spiegazione dei cambiamenti della natura basata sull’idea di una pluralità di elementi o princìpi (immutabili) fondamentali. Il pensiero pluralista rappresenta certamente un progresso nella nostra comprensione della natura fisica, ma non può risolvere il problema filosofico del divenire perché i diversi e immutabili elementi fondamentali mantengono le stesse caratteristiche del concetto di essere parmenideo (assoluto, immutabile univoco…). Non vi un essere (o sostrato) tra gli elementi, o atomi. L’interazione e i movimenti di essi implicano l’esistenza di un “non essere” assoluto che, per definizione, non esiste. La soluzione pluralista del problema del divenire è un eccellente opportunità per studiare la differenza (e l’interdipendenza) tra una spiegazione scientifica e una spiegazione filosofica della natura. Da uno dei pluralisti, Anassagora, venne l’importante intuizione, utilizzata e sviluppata da Platone, che il principio primo della realtà debba essere “l’intelligenza”.

Il problema degli universali

Qual è la verità dei concetti universali o idee che abbiamo nella nostra mente, perfino i più astratti e difficili, come “persona”, “intelletto”, “libertà”, “caos”, “energia”, ecc. Il cosiddetto problema degli universali è il principale problema gnoseologico dell’intera storia della filosofia. Da dove vengono gli oggetti universali che abbiamo nel nostro intelletto? Qual è la loro verità? In generale, vi sono due possibili soluzioni: a) gli universali vengono in qualche modo dalla nostra conoscenza sensibile (Aristotele, San Tommaso…); b) gli universali vengono da qualche altro luogo (Platone, Hume, Kant, Popper, Kuhn…).
La critica di Tommaso a Platone è un ottimo modo per abbozzare il problema. Secondo Tommaso, gli oggetti propri del nostro intelletto non sono gli universali come tali, ma le stesse cose materiali che cadono sotto i nostri sensi (esterni). Per capire bene questo approccio di Tommaso, bisogna distinguere tre tipi di oggetti della conoscenza intellettuale umana: 1) “quidditas rei materialis”—oggetto proprio, oggetto di prima intenzione; 2) “specie intelligibile astratta dal fantasma”— non l’oggetto proprio, oggetto di seconda intenzione; (3) “ens in universali”—oggetto comune. La specie intelligibile, (l’idea) è sempre un mezzo per conoscere la realtà, ma non coincide con la realtà che conosciamo.

[Approfondisci questo punto leggendo F. Di Blasi, “The Concept of Truth and the Object of Human Knowledge”: http://www.thomasinternational.org/ralphmc/readings/diblasi001.htm. Alternativamente, si legga F. Di Blasi, Dio e la legge naturale, ETS, Pisa, 1999, pp. 106-116]


Letture consigliate per la prima lezione:

- Aristotle, Metafisica, libro I
- G. Reale, Storia della filosofia antica, volume I, pp. 1-196
- R. McInerny, A History of Western Philosophy, Part I (disponibile online al sito: www2.nd.edu/Departments//Maritain/)