Da settembre 2008, l’Associazione Thomas International offre a Palermo un Programma triennale di Studi Filosofici sulla falsariga di quello che il McInerny Center for Thomistic Studies ha ideato e iniziato con successo a Washington D.C. nel 2006.

Il Programma si articola in sei corsi semestrali di sei o sette lezioni l’uno, e si rivolge prevalentemente agli Associati della Thomas, agli studenti dell’Ateneo palermitano e a giovani professionisti che sentano il bisogno di una formazione filosofica di base che li aiuti ad affrontare i problemi del loro settore disciplinare e del loro ambiente lavorativo.

La partecipazione non richiede preparazione filosofica previa né tempi di studio esterni alle lezioni. Sarà cura dei docenti, tuttavia, indicare brevi letture e riferimenti bibliografici per chi volesse approfondire i temi di volta in volta toccati.

Le lezioni si svolgeranno la sera, dopo cena, in abitazioni private per consentire il formarsi tra i partecipanti di un clima di amicizia e di discussione piacevole. Il numero delle iscrizioni sarà pertanto limitato.


Primo corso: Introduzione alla filosofia


Letture consigliate

-- Aristotle, Metafisica, libro I
-- F. Di Blasi, “The Concept of Truth and the Object of Human Knowledge”, disponibile tra i “Readings” del sito di Thomas International. Alternativamente, F. Di Blasi, Dio e la legge naturale, ETS, Pisa, 1999, pp. 106-116
-- F. Di Blasi, Conoscenza pratica, teoria dell’azione e bene politico, Rubbettino, Soveria Mannelli, 2006, cap. IV “Spirito o io digitale? Il concetto di persona tra filosofia e scienza contemporanea”
-- E. Gilson, Dio e la filosofia, Massimo, Milano, 1984
-- Giovanni Paolo II, Lettera enciclica Fides et Ratio
-- Giovanni Paolo II, Lettera enciclica Veritatis Splendor
-- J. Maritain, Introduzione generale alla filosofia, Massimo, Milano, 1988
-- R. McInerny, A History of Western Philosophy, Jacques Maritain Center’s website: www2.nd.edu/Departments//Maritain/
-- Platone, Apologia di Socrate
-- Platone, Fedone
-- G. Reale, Storia della filosofia antica, volumi I e II
-- R. Spaemann, Concetti morali fondamentali, Piemme, Casale Monferrato, 1993


Secondo corso: Cenni di storia della filosofia


Calendario:

- 3 aprile 2009: La filosofia medievale

- 24 aprile 2009: Sant'Agostino

- 8 maggio 2009: La scolastica

- 29 maggio 2009: Tommaso d'Aquino

- 12 giugno 2009: La filosofia moderna

- 26 giugno 2009: La filosofia contemporanea

Monday, September 29, 2008

Introduzione alla Filosofia: appunti sulla prima lezione

La nascita della Filosofia.
Il naturalismo e gli eleatici. Fine e scopo degli studi filosofici


Docente: Fulvio Di Blasi

Che cos’è la filosofia? Come si studia la filosofia? Che cosa si fa esattamente quando si studia filosofia? Perché “studiare filosofia” è diverso da studiare qualsiasi altra cosa? E perché dovremmo studiare filosofia se le nostre aree principali di interesse sono la chimica, la biologia, l’architettura, la letteratura, la medicina, il diritto, ecc.? Questa prima lezione si concentra sul primissimo periodo della storia della filosofia – il periodo del naturalismo e degli Eleati – per introdurre gli studenti al concetto di filosofia e ad alcuni dei suoi temi storici più importanti.

Nascita della filosofia

La filosofia è nata in una colonia greca (sulle coste di quella che è oggi la Turchia) nel VI secolo avanti Cristo. Pare che il primo filosofo della storia fu Talete di Mileto poiché, nelle sue riflessioni sull’origine o causa di tutte le cose, il logos della filosofia emerse, distaccandosene, dal mito della poesia antica. Il termine “filosofia” significa “amore della sapienza”. Secondo Aristotele, la “meraviglia” è il punto di partenza sia della filosofia che della poesia perché meravigliarsi (o contemplare) è l’atteggiamento di coloro che avvertono l’esistenza di un senso più profondo della realtà, e cercano di esprimere questo senso vuoi attraverso l’arte vuoi attraverso il logos.

Ordine e divenire

In un certo senso, “ordine” e “divenire” sono le prime intuizioni veramente importanti del pensiero filosofico. Queste due intuizioni fondano la ricerca della causa prima (ovvero, del primo principio intelligibile e ordinatore) del mondo (fisico), e spiegano le caratteristiche ad essa attribuite dai primi filosofi greci: il sostrato immutabile di ogni cambiamento (Talete); la causa efficiente dei cambiamenti (Anassimene); principio indeterminato (Anassimandro); principio intelligibile dell’ordine che è intrinseco alla realtà materiale (Pitagora). La causa prima è sempre l’essere più profondo e reale della realtà in divenire. “Divenire”, tuttavia, significa “cessare di essere qualcosa” (il bambino diviene un uomo cessando di essere un bambino), e, ad Eraclito, la sola realtà appare essere lo stesso divenire.

[Approfondisci questo argomento leggendo F. Di Blasi, Conoscenza pratica, teoria dell’azione e bene politico, Rubbettino, Soveria Mannelli, 2006, pp. 97-99. O, alternativamente, il testo quasi uguale disponibile in inglese online al: http://www.thomasinternational.org/ralphmc/philostudies/diblasi_naturalisticperiod.htm]

L’opposizione tra essere e divenire

Alla sua nascita, la filosofia è “filosofia della natura”, e il problema principale che essa si pone è la possibile contraddizione tra i concetti di “essere” e di “divenire”.
Per salvare l’essere della realtà, Parmenide si porta all’estremo opposto di Eraclito dicendo che solo l’essere esiste e che il divenire non è che un’apparenza. Per difendere il punto di vista di Parmenide, il suo discepolo Zenone elabora i famosi paradossi sull’impossibilità del movimento. Il problema del divenire, come emerge dalla disputa tra Parmenide ed Eraclito, è il primo importante dilemma della storia della filosofia. La prima soluzione accettabile venne dalla spiegazione di Aristotele del cambiamento, e dalla distinzione aristotelica di differenti predicazioni analogiche di “essere” e “non essere”.

La soluzione pluralista

Un alto modo di risolvere il problema del divenire venne dalla scuola pluralista, che propose una spiegazione dei cambiamenti della natura basata sull’idea di una pluralità di elementi o princìpi (immutabili) fondamentali. Il pensiero pluralista rappresenta certamente un progresso nella nostra comprensione della natura fisica, ma non può risolvere il problema filosofico del divenire perché i diversi e immutabili elementi fondamentali mantengono le stesse caratteristiche del concetto di essere parmenideo (assoluto, immutabile univoco…). Non vi un essere (o sostrato) tra gli elementi, o atomi. L’interazione e i movimenti di essi implicano l’esistenza di un “non essere” assoluto che, per definizione, non esiste. La soluzione pluralista del problema del divenire è un eccellente opportunità per studiare la differenza (e l’interdipendenza) tra una spiegazione scientifica e una spiegazione filosofica della natura. Da uno dei pluralisti, Anassagora, venne l’importante intuizione, utilizzata e sviluppata da Platone, che il principio primo della realtà debba essere “l’intelligenza”.

Il problema degli universali

Qual è la verità dei concetti universali o idee che abbiamo nella nostra mente, perfino i più astratti e difficili, come “persona”, “intelletto”, “libertà”, “caos”, “energia”, ecc. Il cosiddetto problema degli universali è il principale problema gnoseologico dell’intera storia della filosofia. Da dove vengono gli oggetti universali che abbiamo nel nostro intelletto? Qual è la loro verità? In generale, vi sono due possibili soluzioni: a) gli universali vengono in qualche modo dalla nostra conoscenza sensibile (Aristotele, San Tommaso…); b) gli universali vengono da qualche altro luogo (Platone, Hume, Kant, Popper, Kuhn…).
La critica di Tommaso a Platone è un ottimo modo per abbozzare il problema. Secondo Tommaso, gli oggetti propri del nostro intelletto non sono gli universali come tali, ma le stesse cose materiali che cadono sotto i nostri sensi (esterni). Per capire bene questo approccio di Tommaso, bisogna distinguere tre tipi di oggetti della conoscenza intellettuale umana: 1) “quidditas rei materialis”—oggetto proprio, oggetto di prima intenzione; 2) “specie intelligibile astratta dal fantasma”— non l’oggetto proprio, oggetto di seconda intenzione; (3) “ens in universali”—oggetto comune. La specie intelligibile, (l’idea) è sempre un mezzo per conoscere la realtà, ma non coincide con la realtà che conosciamo.

[Approfondisci questo punto leggendo F. Di Blasi, “The Concept of Truth and the Object of Human Knowledge”: http://www.thomasinternational.org/ralphmc/readings/diblasi001.htm. Alternativamente, si legga F. Di Blasi, Dio e la legge naturale, ETS, Pisa, 1999, pp. 106-116]


Letture consigliate per la prima lezione:

- Aristotle, Metafisica, libro I
- G. Reale, Storia della filosofia antica, volume I, pp. 1-196
- R. McInerny, A History of Western Philosophy, Part I (disponibile online al sito: www2.nd.edu/Departments//Maritain/)

9 comments:

Elena said...

Grazie per gli appunti. Sarebbe molto utile poterli scaricare, si può avere una versione pdf? Alla prossima lezione. Elena

nicoletta said...

La prima lezione del corso di introduzione di filosofia è stata molto interessante ed ho apprezzato molto questo procedere per concetti.
Fulvio ha parlato della meraviglia che i filosofi hanno provato davanti alla realtà ed il suo divenire. Forse oggi si va troppo di fretta ma dovremmo essere tutti aperti alla sorpresa ed al ragionamento...
Fulvio ha detto, se non ho capito male, che il cambiamento, per Aristotele, è "reale". Questo mi ha fatto riflettere. Ciò vuol dire che, in questa prospetiva, che qualcosa cambi non è solo una possibilità. Penso, ad esempio, alla discussione sull'aborto o la sperimentazione su embrioni. In questo caso, che l'embrione diventi un bambino, un uomo, non è solo una possibilità ma tale cambiamento è "reale" e già "contenuto" nell'embrione. Ne parliamo? Se è così si potrebbe anche evitare il nome di "embrione" che comincia ad innervosirmi per come è utilizzato, quasi a voler dire che è un'altra cosa rispetto al bambino o all'uomo!

Fulvio Di Blasi said...

Certo, hai capito bene. Niente può divenire se non è già in potenza ciò che diviene. La pietra non può diventare un elefante né l'uovo di trota un bambino. Nel passaggio dall'embrione all'adulto ci dev'essere un unico soggetto del cambiamento. L'uso del termine "embrione" però non mi sembra un problema, come uovo (fecondato) non è improprio rispetto alla gallina... Anche il bambino ha caratteristiche sufficientemente diverse dall'adulto da giustificare due termini: "bambino" e "adulto". Il problema è capire che non c'è differenza nella sostanza: cioè, nel sostrato del cambiamento.

nicoletta said...

Non posso fare a meno di pensare ad una cosa sull'ultima lezione. Da un lato abbiamo detto che il concetto di persona non può appartenere alla filosofia greca. D'altro lato, tuttavia, è chiaro come già l'intuizione socratica sulla natura umana porta con sè il significato che noi diamo al termine "persona". Posso concludere che l'unico modo di esistere dell'essere umano è un modo "personale" e che, quindi, tutti quei ragionamenti sulla differenza tra la vita dell'essere umano e quella della persona sono, da questo punto di vista, insensati? Che sono quanto meno sofisti... o, meglio, euristici? Chiedo sempre scusa in anticipo, non sono una filosofa e molti di voi salteranno dalla sedia per l'uso improprio di alcuni termini. Mi rispondete lo stesso? Potrebbe essere una buona punizione per chi mangia pizza... arriva in ritardo... ma che è sempre bello rivedere!

luciano said...

Ciao a tutti, finalmente ho un attimo di tempo, visto che i miei due ex embrioni mi stanno lasciando le braccia libere per poter digitare sulla tastiera il seguente commento. Condivido tutto quanto finora Fulvio e Nicoletta si sono detti. Vorrei aggiungere solo qualche precisazione.

1) Anch'io, come Nicoletta, ho riserve sull'uso del termine "embrione": la parola indica il primo stadio di sviluppo di un generico "essere vivente", senza specificare quale, facendo credere che ci troviamo di fronte a un essere neutro, ancora ontologicamente indeciso, per così dire, se diventare carne o pesce. Usarlo, in tal senso, fa un po' il gioco di chi gli nega una dignità umana. Per questo è bene aggiungere sempre, almeno, l'aggettivo "umano", che però qui indica in realtà il sostantivo, appunto quell'"uomo" come sostrato del divenire di cui parlava Fulvio.

2) Nicoletta ha scritto: "che l'embrione diventi un bambino, un uomo, non è solo una possibilità ma tale cambiamento è "reale" e già "contenuto" nell'embrione". Capisco il concetto, ma credo che esprimerlo in questi termini sia ambiguo: se l'embrione "diventa" un uomo vuol dire che ancora non lo è. Dire che il cambiamento da embrione a uomo è "reale" e che è già contenuto nell'embrione stesso non modifica l'essenza del ragionamento: in ogni caso l'embrione non sarebbe ancora un uomo.
La questione dell'embrione, se proprio la si vuole leggere in termini aristotelici, non andrebbe secondo me affrontata alla luce del carattere "reale" del divenire ma semmai del suo carattere "accidentale". I cambiamenti cui va incontro la sostanza uomo (embrione, bambino, adolescente, adulto ecc.), sono cioè accidentali nel senso che non modificano la natura della sostanza che diviene ma la manifestano gradualmente.

Ora a voi la palla, visto che i miei ex embrioni (umani, si spera) mi stanno reclamando...

Fulvio said...

Per l'ultima domanda di Nicoletta rinvio ai commenti alla seconda lezione...

Per il resto, sono d'accordo con quanto sottolinea Luciano... Eccetto che mi sembra che Nicoletta aveva usato l'espresione "l'embrione diventi un bambino, un uomo" nel senso di diventare adulto, non di diventare la sostanza uomo. In questo senso, il cambiamento si presuppone accidentale. "Reale" e accidentale!

luciano said...

Le osservazioni di Fulvio mi sembrano giuste, soprattutto quando dice che la separazione discriminatoria tra "essere umano" e "persona" - per intenderci quella riferita agli embrioni umani - sfrutta l'oggettiva ambiguità dei termini usati.

Credo, tuttavia, che anche qualora si usi il termine "essere umano" non in riferimento alla natura comune ma in riferimento al singolo individuo (il supposito aristotelico, dice Fulvio) rimanga comunque un'importante differenza rispetto al termine "persona".
Con il termine "essere umano", infatti, noi indichiamo il singolo uomo in ciò che lo differenzia dagli esseri di altre specie e non dagli altri uomini. E' vero, come dice Fulvio, che la "natura umana" in astratto non esiste, ma è anche vero che quando usiamo "essere umano" facciamo riferimento a ciò che nel singolo è la natura umana, e dunque "qualcosa" che si esprime anche in altri esemplari della stessa specie.
Con il termine "persona", invece, indichiamo qualcuno, e cioè il singolo essere che possiede, realizzandola in modo originale e irripetibile, la natura umana.

Insomma: essere umano e persona indicano la medesima realtà individuale, che è questo singolo uomo (in fase embrionale o adulta che sia), ma mentre il primo termine esprime soprattutto ciò che distingue questa realtà individuale da realtà individuali di altre specie, il secondo termine esprime ciò che distingue questa realtà individuale dai propri simili.

Fulvio said...

Lucio, devi riportare questa tua risposta nei post della seconda lezione. Altrimenti ci confondiamo e perdiamo il filo della discussione... Stai rispondendo a un mio commento che non si trova qui... Non rispondo per evitare di aumentare l'ambiguità nella sequenza dei commenti...

luciano said...

Perdonatemi, inconvenienti dovuti al caos di casa mia. Avevo cominciato a scrivere sul post giusto, poi sono stato reclamato e ho spento tutto. Quando ho visto che potevo riaccendere l'ho fatto ma nel timore di essere interrotto nuovamente sono andato velocemente al post che ritenevo giusto e ho sbagliato.
Abbiate compassione. Ne approfitto per dire qualcosa nel post... giusto.
Vorrei precisare che io non ho attribuito a Nicoletta l'idea che l'embrione non sia ancora un uomo. Non a caso dopo aver riportato il suo passaggio ho scritto che capivo il concetto ma ho anche aggiunto che ritenevo ambiguo quel modo di esprimerlo.
L'ho fatto perché sempre più spesso sento e leggo studiosi che nonostante riconoscano la natura umana dell'embrione usano espressioni come "l'embrione diventa da sé un essere umano dunque è già un essere umano". Espressioni che secondo me non funzionano per le ragioni che ho evidenziate nel post precedente.
Tutto qui. A questo punto attendo un commento di Nicoletta. Nicoletta ci sei?